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Jun 26, 2018
Perrine Ripert
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Dal Top of Mind al Top of Google

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Se ci affidiamo sempre di più a Google per trovare risposte e se è Google a decidere quali mostrarci e in che ordine, ha senso per un’azienda investire tempo e denaro per essere Top of Mind. E se invece bastasse essere Top of Google?

Google, non puoi farne a meno

Dire quanto è importante Google oggi è piuttosto ridondante. Lo sappiamo e non è una novità.

Il volume di ricerche su Google – grazie anche e soprattutto agli smartphone - è in costante aumento (5,7 miliardi di ricerche su Google al giorno secondo internetivestats.com).

Ma non cercate di sapere quante ricerche vengano fatte ogni giorno da un Italiano perché Google dal 2012 non rilascia dati precisi.

Quel che sappiamo invece è che, da molto tempo ormai, Google è la prima fonte di traffico di un sito e genera il 57,8% del traffico complessivo (escludendo quello diretto). In seconda posizione, ma molto distante, c’è Facebook che genera solo il 5,2% del traffico (fonte Spark Toro)

Il mercato riconosce a Google la supremazia e per questo gli affida grande parte degli investimenti destinati ai media digitali. Il comparto search da solo ottiene il 34% degli investimenti totali (fonte Nielsen 2017). Eppure il traffico da paid rappresenta solo il 5% del traffico complessivo medio di un sito (fonte HubSpot su 15.000 siti studiati).

Questa disparità importante tra investimento (34%) e resa (5%) si spiega solo in un modo: Adwords è il canale che converte maggiormente.

Questo accade perché le aziende concentrano i loro investimenti su keyword transazionali o branded keywords, ovvero su chi è pronto all’acquisto. Quindi il ROI delle campagne Adwords risulta quasi sempre positivo.

Ma gli utenti si fidano più dei risultati organici che non della pubblicità. Infatti solo l’8% dei click su Google è fatto su annunci. Il 92% restante dei click viene registrato su risultati di ricerca non sponsorizzati.

Questo ultimo tipo di click si traduce in traffico organico sul sito che, di fatto, è una fonte particolarmente rilevante per qualunque sito web. In media (sempre secondo la ricerca di HubSpot) il 33% del traffico complessivo di un sito proviene da fonte organica.

 

Non solo ricerche transazionali

Anche se tutti noi navighiamo e facciamo ricerche su Google (per essere precisi il 94,81%, considerata la quota di mercato Google in Italia), non lo facciamo ovviamente solo per acquistare. Secondo le stime solo il 4% fa ricerche per acquistare, l’80% dà semplicemente sfogo alla sua curiosità e il restante è impegnato a valutare le sue opzioni prima di pensare all’acquisto.

Facciamo un esempio.

Il direttore marketing di un piccolo albergo a Tromso (Norvegia), luogo noto nel mondo per ammirare l’aurora boreale, può decidere di concentrarsi solo ed esclusivamente sul paid search sapendo che dovrà lottare contro un’elevata concorrenza (aggregatori, albergatori, Google stesso!) ed essere pronto a sborsare un elevato cost per click.

Oppure può decidere di fare un lavoro a monte, mirando a chi non vuole ancora acquistare una camera d’albergo, ma che cerca informazioni sull’aurora boreale. Ovvero puntando alla fase alta del funnel. I volumi di ricerca (vedi grafico) saranno decisamente più elevati e la competizione molto limitata (traduzione: traffico organico).

Ciò vale per tutti i settori merceologici. Per questo ora i brand stanno orientando sempre di più la loro strategia nell’intercettare, e convertire, l’ampio volume di ricerca non transazionale.

Questo si traduce nella produzione di contenuti qualitativi che permettono di rispondere alle chiavi di ricerca pertinenti al brand e nella costruzione di relazioni con gli utenti dove il marchio si pone come un “aiutante” a chi, almeno al momento, non desidera acquistare niente.

Ma significa anche posizionarsi tra i primissimi risultati di Google (possibilmente nei primi 3 o ancora meglio tramite Featured Snippet). Perché chi si trova nella Top di Google si prende tutto il traffico.

In caso contrario la capacità di generare traffico organico rimane decisamente limitata.

 

La Top of Google sostituisce la Top of Mind?

Google deve “organizzare le informazioni e renderle accessibili e utili a tutti” ha twittato Paul Haahr, che lavora a Mountain View da 16 anni. E come lo fa? Valutando le aziende, stabilendo quali sono da premiare e da posizionare tra i primi risultati di ricerca. E quali no.

 

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Google decide se e come renderti visibile
 
Può sembrare un potere smisurato, esagerato (di fatto lo è, ma è un altro discorso) , ma per fortuna i criteri sui quali si basa l’algoritmo di Google sono chiari:
  • struttura del sito: deve permettere a Google di indicizzarti nel tuo mercato di riferimento e in base a quello che offri (SEO - Content);

  • qualità del sito: quanto tempo rimangono sul tuo sito le persone? Qual è il tasso di uscita? Quale il numero di pagine viste? Questi sono elementi che dicono a Google se le persone navigano “realmente” oppure se sono arrivate lì per errore (Content - UX);

  • notorietà e autorevolezza: quanti siti parlano di te? Sono siti autorevoli? Tanto maggiore è la loro autorevolezza, tanto più crescerà anche la tua (Content - Digital PR).

Se un’azienda dispone di una strategia SEO ben delineata, di contenuti qualitativi a supporto delle keyword di suo interesse, di una UX ottimale e di una strategia di link building efficiente, ha tutte le carte in regola per ottenere gran parte del traffico di suo interesse. E questo anche se è del tutto sconosciuta.

Una volta che l’utente avrà cliccato e sarà arrivato sul sito di quell’azienda, saranno la qualità del content (e la sua rilevanza per l’utente) e l’esperienza che offre a fare il resto, ovvero a generare awareness e a instaurare una relazione di fiducia con l’utente.

 

Essere Top of Mind è quasi del tutto irrilevante per Google

Ovviamente esiste qualche eccezione. Se per esempio tante persone fanno questo tipo di ricerca: [keyword] + [Brand] (es: “Sneaker Nike”), è molto probabile che facendo una ricerca solo con [Keyword], Google la associ direttamente al [Brand].

 

Seppelliamo il Top of Mind?

Per fortuna Google non gestisce (ancora) tutto il traffico. Un’altra fetta molto rilevante di traffico per qualsiasi sito è quello diretto, ossia quello che avviene inserendo la url direttamente nel browser.

In media il traffico diretto è il 42% del traffico complessivo di un sito. E questo traffico sfugge del tutto a Google e alle regole del suo algoritmo. Il traffico diretto può essere di due tipi:

  • traffico di ritorno, quando un utente ha già visitato un sito e l'url viene memorizzata dal browser, facilitando il ritorno;

  • traffico da Top of Mind, quando l’utente ha sentito parlare del brand e vuole andare sul suo sito. Senza sentire il bisogno di chiedere la strada a Google.

Il traffico diretto è quindi un traffico premium perché è lo specchio del livello di indipendenza di un brand nei confronti delle piattaforme terze (in primis Google).

Ma per poter mantenere un buon livello di traffico diretto nel tempo anche i siti devono a loro volta trasformarsi.

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